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Dure critiche da parte della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia) all’indomani della pubblicazione della legge di stabilità regionale 2016 per la Regione Campania. All’articolo 8, comma 6 si legge infatti che il “percorso diagnostico terapeutico personalizzato (PDTA)” per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico debba prevedere “l’adozione del metodo Analisi Comportamentale Applicata (ABA) come metodologia a cui ispirare tutti gli interventi”.

“La scelta di ricondurre la totalità degli interventi rivolti ai soggetti affetti da autismo al solo metodo ABA appare “oltre che priva di fondamento scientifico, capace di generare effetti pregiudizievoli sui pazienti, e sulle loro famiglie”, denuncia Carmela Bravaccio, professore associato di Neuropsichiatria infantile presso l’Università Federico II di Napoli e consigliere nazionale della Sinpia, in una lettera al Presidente della Giunta regionale e al Ministro della Salute per chiedere la rettifica dell’articolo. Un’indicazione legislativa, osserva, che non sembra tenere conto della complessità e dell’eterogeneità che caratterizzano i disturbi dello spettro autistico e delle evidenze scientifiche che dimostrano l’efficacia di altri approcci mediati dai genitori, di supporto per la comunicazione sociale e l’interazione, basati su programmi educativi, di terapia cognitivo-comportamentale. Nella legge viene evidenziato come questa indicazione sia posta “nel rispetto delle linee guida di neuropsichiatria infantile”. E tuttavia va sottolineato che non esiste una “linea guida di neuropsichiatria infantile”. Nel 2006 la Sinpia ha elaborato le ‘Linee guida per l’Autismo’, nelle quali è chiaramente specificato come non ci sia un unico intervento che vada bene per tutti i bambini autistici. Un’osservazione che trova riscontro anche nelle linee guida su “Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti” emesse nel 2011 dall’Istituto Superiore di Sanità e nelle “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore dei disturbi pervasivi dello sviluppo, con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico” approvate in Conferenza Stato-Regioni nel novembre 2012.

“L’indicazione rischia inoltre di essere pericolosa in assenza di una diagnosi precisa – sottolinea Goffredo Scuccimarra, segretario regionale per l’area campano-molisana della Sinpia -. L’intervento ABA potrebbe risultare non solo inappropriato ma addirittura dannoso in talune situazioni cliniche, che esordiscono con sintomi simili a quelli del disturbo dello spettro autistico ma si delineano meglio nel tempo e si differenziano dall’Autismo per cause, caratteristiche evolutive, prognosi, cura”.

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http://www.anep.it/newsnoiep.php?pageid=2265

Come associazione non si hanno predilezioni per questo e/o quall’altro metodi di riabilitazione o cognitivo-comportamentale e/o di rieducazione psicosensoriale. Siamo convinti che solo la personalizzazione degli interventi sul soggetto disabile possa essere il gold standard.

Vero è che non è pensabile che in una legge si favorisca un solo metodo, l’ABA, non riconoscendo altro.

A voi la lettera aperta della Presidente SINPIA prof.ssa ANTONELLA COSTANTINO

 

SINPIA è attiva da molti anni sul tema autismo, e sulla necessità di garantire ai bambini e alle famiglie gli opportuni interventi basati sulle evidenze. Ha pubblicato nel 2004 il primo documento di riferimento italiano (le cosiddette “linee guida per l’autismo” SINPIA), e dal quel momento in poi è stata sempre attiva in tutti gli ambiti istituzionali opportuni: ha spinto per l’istituzione del Tavolo di Lavoro Autismo del Ministero della Salute del 2008 ed ha partecipato ai lavori, ha ampiamente contribuito alla stesura delle Linee guida ”Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti” del 2011 dell’Istituto Superiore di Sanità, ha contribuito  alla redazione e all’approvazione delle “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali  nel settore dei disturbi pervasivi dello sviluppo con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico” approvate in Conferenza Unificata Stato-Regioni nel 2012. A tutti questi documenti ha dato ampia diffusione, con i soci e non, e in particolar modo lo ha fatto per quanto riguarda i contenuti delle Linee Guida 2011.

Altro è però quanto è accaduto in Regione Campania, dove un solo approccio, ancorchè basato su evidenze, è stato inserito in una legge. Le leggi devono indicare chi ha diritto agli interventi, chi ha il dovere di erogarli e quali sono i passaggi attraverso i quali si garantirà concretamente la fruibilità del diritto. Devono inoltre indicare che gli interventi garantiti devono essere basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili. Non possono però indicare un metodo in particolare, prima di tutto perché le evidenze scientifiche cambiano molto più rapidamente delle leggi, ed in secondo luogo perché in nessuna area della medicina vi è un unico intervento efficace. Sta alle linee guida indicare quali sono gli interventi efficaci e quelli non efficaci o addirittura controproducenti, ed è alle linee guida che le leggi devono fare riferimento.

Forse le linee guida italiane sono già da aggiornare? Certamente, e soprattutto da ampliare al più presto con la parte relativa all’adulto. Per quanto riguarda l’età evolutiva non ci sono però grandi novità, e anche i documenti più recenti[1] continuano ad indicare principalmente tre strategie di trattamento: quelle comportamentali (basate prevalentemente sull’ABA ma ora anche su strategie cognitivo-comportamentali di terza generazione), quelle comunicative (le metodologie della comunicazione aumentativa e di potenziamento della reciprocità sociale e della comunicazione  pragmatica) e quelle educative (con programmi strutturati di tipo educativo l’Early Start Denver Model  e il Treatment and Education  of Autism and related Communication handicapped  Children  TEACCH), e sottolineano comunque l’importanza della personalizzazione dell’intervento e del coinvolgimento partecipativo delle famiglie.

Ma dire quali sono le evidenze, e che ad esse bisogna attenersi non basta. Non stiamo parlando di antibiotici, e non basta quindi che sia scritto nelle linee guida cosa è appropriato e cosa no perché possa essere applicato. Né basta dire nei LEA che gli interventi per l’autismo vanno garantiti. Stiamo parlando di interventi terapeutici e riabilitativi, che richiedono servizi multi-professionali con personale in quantità e qualità adeguata e con la strutturazione di una formazione permanente tale da permettere agli operatori stessi di erogare gli interventi basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili.  Negli ultimi 10 anni, nelle (poche) regioni che hanno strutturato un sistema di servizi di  Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza,  il numero dei pazienti seguiti è quasi raddoppiato (+5% nuove richieste all’anno dal 2004 ad oggi), mentre il numero degli operatori continua a diminuire (-10% solo nell’ultimo anno) e nella maggior parte dei casi nessuna risorsa è dedicata alla formazione. Il risultato è che ogni utente riceve percorsi di cura più scarni, sempre meno basati sulle evidenze e meno personalizzati. Le famiglie si trovano a dover ricorrere sempre di più al privato, senza alcuna garanzia della qualità del servizio che ricevono e con costi rilevanti che in tempi di crisi economica sono sempre meno in grado di sostenere.

Se le leggi continuano a non indicare i passaggi attraverso i quali si intende garantire concretamente la fruibilità del diritto, con quali risorse umane ed economiche, con quali strutture organizzative e con quali modi per affrontare le criticità esistenti ed in particolare per garantire la formazione necessaria, resteranno lettera morta, come purtroppo troppo spesso è successo e succede in Italia.

ANTONELLA COSTANTINO

Presidente SINPIA

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http://www.pernoiautistici.com/2016/02/7803/

Il Miur conferma le anticipazioni di OrizzonteScuola.it: sono in dirittura d’arrivo la pubblicazione dei bandi del nuovo concorso per docenti previsto dalla legge Buona Scuola.

Dopo il Piano straordinario di assunzioni della scorsa estate, prosegue l’operazione di immissione in ruolo degli insegnanti a copertura dei posti vacanti avviata dal Governo. Oggi al Miur si è svolta l’apposita informativa sindacale. Sono confermati i 63.712 posti totali, di cui 57.611 comuni rrelativi, cioè, alle varie discipline) e 6.101 di sostegno.

Nel dettaglio, i posti per grado sono:

– Infanzia 7.237 (6.933 comuni e 304 di sostegno)

– Primaria 21.098 (17.299 comuni e 3.799 di sostegno)

– Secondaria di I grado 16.616 (15.641 comuni e 975 di sostegno)

– Secondaria di II grado 18.255 (17.232 comuni e 1.023 di sostegno)

A questi si aggiungono 506 posti relativi a tutti i gradi di istruzione che saranno banditi sulla nuova classe di concorso A023, quella relativa all’insegnamento dell’italiano come lingua seconda. Il Ministero ha anche fornito i dati (in allegato) relativi ai posti banditi per classe di concorso.

I bandi saranno tre: per infanzia e primaria, secondaria di I e II grado, sostegno. Il bando per il sostegno è del tutto inedito. Confermata l’assenza della prova preselettiva. Si procederà con lo scritto che si svolgerà interamente al computer.

Lo scritto prevede 8 domande sulla materia di insegnamento di cui 2 in lingua straniera (inglese, francese, tedesco o spagnolo, obbligatoriamente l’inglese per la primaria).

I quesiti saranno: 6 a risposta aperta (di carattere metodologico e non nozionistico) e 2 (quelle in lingua) a risposta chiusa. Le due domande in lingua prevedono, in particolare, cinque sotto-quesiti, ciascuno a risposta chiusa. Il candidato dovrà dimostrare di avere un livello di competenza pari almeno al livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue. Lo scritto avrà una durata di 150 minuti. Mentre sono previsti 45 minuti per l’orale: 35 per una lezione simulata e 10 di interlocuzione fra candidato e commissione. Nella valutazione dei titoli si valorizzeranno, fra l’altro, i titoli abilitanti, il servizio pregresso, il dottorato di ricerca, le certificazioni linguistiche.

Le funzioni per l’iscrizione al concorso saranno aperte alla fine del mese di febbraio. Il Miur sta predisponendo un mini-sito web dedicato al concorso dove si potranno reperire tutte le informazioni utili e da cui si potrà accedere direttamente alla domande di partecipazione al concorso. Il sito sarà disponibile al momento della pubblicazione dei bandi.

Sintesi nazionale numeri per classe di concorso

Slide concorso

Proposte operative sulle due proposte di legge su autismo Moxedano-Beneduce Regione Campania

Le due proposte sono purtroppo la copia di altre leggi regionali come le Marche. Questi i punti che non vengono quasi mai menzionati ed il tutto si traduce in una occasione per centri di riabilitazioni, associazioni, medici e terapisti di far business sull’autismo, favorendo prestazioni private.

Stiamo parlando di arginare il fenomeno autismo che ha un impatto sociale ed economico molto alto. Inoltre l’aumento del 600% della prevalenza dell’autismo nell’ultimo ventennio pone serie domande su come arginare alla base l’aumento di questa condizione o sindrome. Ha senso mettere forse rimedio o toppa ad una piccolo buco quando si aprono continuamente falle?

Le seguenti proposte dovrebbero essere introdotte in articoli ad hoc o integrare altri

1. Formazione specifica delle ins. di sostegno ( da favorire con meccanismi di incentivazione anche economica ed anche obbligando le stesse all’aggiornamento continuo durante la loro vita professionale come gia avviene in sanità ) future e aggiornamento del percorso universitario con inserimento e tirocini sulle tecniche aba, teacch, fay, delacato, denver model, cma, riabilitazione psicosensoriale etc

2. Per gli insegnanti di ruolo obbligo di frequenza di master a livello universitario per apprendere tecniche specifiche come sopra specificato. Accordo regione miur per questi corsi. Cio porterebbe a lavorare per oltre 20 ore settimanali anche su aba o su metodi più idonei che cambiano da bambino a bambino

3. Costruire una rete di supervisione con le risorse disponibili e con l’apporto di esperti esterni che mensilmente monitorano il lavoro delle insegnanti di sostegno e si raccordano coi i terapisti dei centri di riabilitazione, associazioni ed altre realtà territoriali e decidono quali metodi e percorsi debbano essere effettuati e personalizzati paziente per paziente
4. Inutilità di ceazione di centri territoriali per l’autismo che porterebbero solo fondi temporanei per progetti ma che poi lascerebbero alla loro sorte i bambini autistici
5. Favorire percorsi educativi-rieducative per i genitori affinché il lavoro possa essere continuato a casa ( esempio corsi per RBT per genitori, cioè tecnici del comportamento accreditati, per accedere ai quali basta un diploma )

6. Norme specifiche per la determinazione di personale scolastico ed extrascolastico specializzato in autismo. Purtroppo si assiste in Italia a personale formate con uno o due workshop che si autoproclamano esperti in aba o altra metodica. Inoltre i master sono organizzati in modalità autoreferenziale, senza nessuna norma legale che attesti, in Italia, la rispondenza a ferree norme legislative che mancano. In definitiva attualmente un genitore, non ha la certezza di consegnare suo figlio a un operatore specializzato secondo precise norme. Non è possibile con un semplice attestato di un workshop andare a fare terapie con costi totalmente a carico dei genitori ( per quelli che se lo possono permettere ). Inoltre non si capisce perché nei master universitari in aba tutte le classi di lauree sono accettate, anche un laureato in lettere o in architettura può fare un master aba. Una severa normativa in Italia non esiste, per cui nessun bambino e genitore è tutelato in questo senso.

7. La formazione continua in medicina ( ecm ) è gia un obbligo per gli operatori sanitari tutti. In Campania la riabilitazione è quasi esclusivamente privata convenzionate. Gli operatori sanitari purtroppo devono pagare di tasca loro la formazione prendendo anche i loro giorni di ferie senza che le aziende diano contributi o vengano incontro. Prevedere fondi per corsi affinché sia evaso l’obbligo ecm e che consenti ad un operatore di specializzarsi sull’autismo ( master aba o altro tipo ). Invece attualmente molti colleghi fanno corsi contemplando un solo parametro: il costo senza guardare nemmeno il titolo dato che se si ha un mutuo o si è monoreddito con 1000 euro di stipendio al mese ( per non parlare degli operatori a prestazione e con p. iva ) non è che si possano pagare master di alto livello coi soldi propri
8. Favorire progetti di screening secializzando in primis i pediatri, poi le insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria ed anche i genitori con incontri formativi ad hoc. Tale formazione consentirà una diagnosi precoce ed un intervento non solo riabilitativo ma anche biomedico ed ortomolecolare, perché l’autismo è una sindrome con etiopatogenesi biologica

9. Favorire un centro pilota di ricerca regionale sui livelli biologici colpiti nell’autismo e nella sua etiopatogenesi da cause ambientali e iatrogene. Tale centro di ricerca dovrebbe essere strutturato anche per il livello scolastico, educativo e riabilitativo.
Ecco le ipotesi di ricerca percorribili nell’autismo:

a. Permeabilità intestinale e disbiosi
b. Ricerca di virus e batteri patogeni nell’intestino, liquor o altri distretti e determinazione della loro natura ( wild o vaccinale ) attraverso biopsia ed rt-pcr
c. Metalli pesanti derivanti da alimentazione, acqua, farmaci inclusi i vaccini
d. Deficit di metilazione
e. Patologia autoimmunitaria neurodegenerativa
f. Mitocondriopatie
g. Stress ossidativo
h. Cause esterne ( xenobiotics ) e livelli di tossicità ambientale
i. Screening tossicologico delle madri
j. Patologie del microcircolo cerebrale nell’autismo
k. Cause epigenetiche e iatrogene

10. Cura dell’autismo attraverso il riconoscimento di protocolli biomedici ed ortomolecolari

11. Come per i celiaci moltissimi bambini autistici fanno dieta senza glutine e caseina e tutto a carico delle famiglie. Prevedere fondi come per i celiaci.

12. Prevedere nei tavoli tecnici la presenza di medici che supportino altri tipi di terapie biomediche ed ortomolecolari nella cura del livello biologico dell’autismo anche attraverso altre metodiche psicosensoriali ( fay, delacato, denver model, CLM etc etc ).

13. Prevedere nei tavoli tecnici anche la presenza di rappresentanti del mondo della riabilitazione
In sostanza con poche risorse avremo

Oltre 20 ore per bambino a scuola di attività ad alto contenuto professionale

 Rete territoriale con npi ed anche esperti esterni con collaborazioni mensili

 Aggiornamento dei programmi universitari per le ins di sostegno future

 Genitori formati e capaci di continuare il lavoro che viene fatto a scuola e capaci di interfacciarsi con il mondo della riabilitazione

 Ottimizzazione di risorse economiche, nessun centro per l’autismo, tutti i ragazzi faranno terapie specifiche a scuola per oltre 20 ore almeno per la infanzia e primaria , nessun extrabadget per i centri di riabilitazione, le associazioni faranno la loro parte a costi Zero, magari attingendo a fondi europei o autofinanziandosi.

 Presa in carico del livello biologico dell’autismo.

Ecco i disegni di legge

http://www.aitsad.org/web/wp-content/uploads/2016/02/moxedano.pdf

http://www.aitsad.org/web/wp-content/uploads/2016/02/beneduce.pdf

Nei seguenti link o in allegato troverete le due proposte di legge in Regione Campania a firma consigliere Beneduce e Moxedano

proposta di legge Beneduce

http://www.consiglio.regione.campania.it/cms/CM_PORTALE_CRC/servlet/Docs?dir=atti&file=69.PDF

Proposta di legge Moxedano

http://www.consiglio.regione.campania.it/cms/CM_PORTALE_CRC/servlet/Docs?dir=atti&file=AttiCommissione_94268.pdf

allegati

moxedano

beneduce

L’archeologo e storico dell’arte contesta l’indirizzo della scuola e dell’università di oggi. E difende gli insegnanti, l’ozio creativo, e la storia come riserva di possibilità per il futuro.

Studi sempre più specializzati. L’acquisizione di “competenze” sempre più precise che seguano le esigenze del mercato del lavoro. Studenti che escono dall’università (o anche dalle superiori) in possesso di una professionalità spendibile subito. Sono questi i desideri proibiti di chi frequenta le scuole, oltre che il totem retorico degli addetti alla cultura, dai ministeri ai dirigenti scolastici (con quali risultati poi è un’altra storia, di cui abbiamo cercato di parlare nello speciale di questa settimana su Linkiesta).
Ma c’è un ma: siamo sicuri che sia la strada giusta? Sicuri di essere consegnati alle varie specializzazioni e alle tecnicità sia l’unico modello culturale sensato? «Bisognerebbe ricordarsi più spesso di un aforisma di Goethe, che dice più o meno così: “Le discipline di autodistruggono in due modi, o per l’estensione che assumono, o per l’eccessiva profondità in cui scendono”» racconta a Linkiesta.it Salvatore Settis. Archeologo e storico dell’arte, già direttore della Normale di Pisa, dimessosi qualche anno fa dal Consiglio Superiore dei Beni Culturali in polemica coi tagli alla Cultura del governo Berlusconi, Settis è ora in prima linea nella difesa di paesaggio e monumenti italiani. «Bisogna trovare un equilibrio tra lo specialismo e la visione generale -spiega-. La tendenza che si sta affermando nei sistemi educativi un po’ in tutto il mondo, ma in particolare in Italia è educare a “competenze” piuttosto che a “conoscenze”»

Fatti non fosti a viver come bruti, ma per seguir virtute et competenza?

Ecco, è un’idea perversa sostituire la parola “conoscenza” con “competenza”, come è stato fatto dai pedagogisti alla nostrana, consultati da Berlinguer e dalla Moratti in poi per le loro pessime riforme scolastiche. Abbiamo bisogno di persone con uno sguardo generale. Non bastano le conoscenze specialistiche, approfondite quanto si vuole. Ci vuole una visione collegata col senso della comunità (come del resto è scritto nella nostra Costituzione, che stiamo via via dimenticando).

Competenza vuol dire possedere oggetti conoscitivi e capacità. Conoscenza vuol dire farsi modificare dalle cose che si incontrano, giusto?

E poi non c’è conoscenza senza sguardo critico, cioè senza il dubbio. La scuola ci insegna delle cose, ma dovrebbe soprattutto insegnarci a dubitare di quello che essa stessa ci insegna.

E invece?

Il modello dell’educazione di oggi è quello di Tempi moderni, di Charlot che fa l’operaio e esegue un solo gesto: prendere la chiave inglese e girare un bullone. L’ideale del nostro bell’ideologo-intellettuale-riformatore dell’educazione è proprio “formare” qualcuno che fa una sola cosa, e la fa senza pensare. Un modo di mortificare la ricchezza della natura umana. E la democrazia viene uccisa.

A proposito di non-specialismi: quanto è stato importante per lei leggere disinteressatamente, senza un fine di studio. Così per piacere, e per avventura?

E’ essenziale per tutti. La curiosità intellettuale è il sale della formazione. Guai se uno dovesse leggere i libri o guardare i film che qualcuno gli ha ordinato di guardare o di leggere. Tutti inseguiamo delle curiosità senza scopo. E lo facciamo anche con gli esseri umani: se a una cena c’è una persona interessante ci parliamo. Così dobbiamo fare anche coi libri o con la formazione.

Cosa ne pensa degli slogan che erano cominciati con Berlusconi (“Inglese, impresa, internet”) e che proseguono con Renzi (“La buona scuola”)?

L’uno e l’altro slogan sono stati usati in modo superficiale e cinico per sostituire la sostanza. L’etichetta del brandy di lusso mentre nella bottiglia c’è quello del discount. Stesso discorso per il nostro presidente del Consiglio che ama la “Narrazione”. Narrare (in altri termini: raccontare balle) per persuadere gli ingenui. Basta parlare con qualche professore per accorgersi che la cosiddetta “buona scuola” non è una scuola buona: sono in condizioni di grave difficoltà da tutti i punti di vista.

Ecco, al di là dei problemi di reclutamento e del trattamento economico. I professori ormai sono perennemente ingolfati di carte: schede di valutazione, moduli da riempire, piani formativi. Sembra quasi un controllo burocratico-contenutistico kafkiano sul loro lavoro. Cosa ne pensa?

Questo è un punto vitale, per tutte le categorie di professori: elementari, medie, superiori. E anche quelli universitari. E qui c’è un paradosso…

Ci dica…

La burocratizzazione del mondo avanza mentre gli stessi governanti continuano a dirci che stanno facendo una lotta dura e senza paura contro la burocrazia. Il fatto di dover riempire mille moduli, dover scrivere mille sciocchezze: è come se non ci si fidasse della responsabilità dell’essere umano. Un professore si giudica dai risultati, da come fa lezione agli allievi. Nel caso di un professore universitario c’è la ricerca. Che poi viene spesso valutata male.

Perché?

L’Amvur valuta gli articoli senza leggerli. Se esce in una cosiddetta rivista di serie A viene valutato bene, se no niente. E’ una sciocchezza: molti ottimi articoli specialistici escono in riviste di serie B o di serie C. Questo è un modo di ragionare che può uccidere la ricerca unversitaria

Si dice che gli insegnanti abbiano troppe vacanze, che ne pensa?

Il lavoro intellettuale non si può quantificare o conteggiare. Tra i famosi “otium” e “negotium” non c’è soluzione di continuità. Un insegnante non deve essere valutato in base alle ore che fa di lezioni frontali. Chi le prepara? E il tempo che uno ci mette a prepararle chi lo conteggia?

Eh, chi lo conteggia?

Nessuno lo può conteggiare, appunto. Ma si rende conto che col sistema assurdo dei crediti formativi all’università si pretende di conteggiare il tempo che ci vuole a imparare un certo libro? Magari un libro di cento pagine io lo posso imparare in due ore e lei in mezz’ora. Abbiamo un sistema di valutazione che mortifica la diversità tra gli esseri umani. Valutare in base alle ore presunte è una solenne sciocchezza. Questa è la vera perversione che sta facendo danni enormi, e ne farà sempre di più.

Va per la maggiore un modello culturale, un paradigma tecnico-scientificizzante, 2.0, 3.0, 4.0 secondo cui il passato è qualcosa di evitabile. E’ inutile. Sono “nevi dell’anno scorso” come diceva Francois Villon. Ecco, professor Settis: a cosa serve il passato?

Il passato delle comunità, cioè la Storia, serve esattamente alla stessa cosa a cui serve il passato dell’individuo. A quelli che dicono che il passato non serve a nulla vorrei proporre di essere sottoposti all’espianto del proprio cervello, in modo che non sappiano più chi sono, chi sono i genitori, cosa hanno fatto prima. Il nostro presente, le parole che usiamo anche per fare conversazione, ora, vengono dal nostro passato. Anzi da un passato che non è solo in nostro: noi due in questo momento stiamo parlando in una forma molto modificata di latino. La realtà è costruzione del futuro nel presente usando ingredienti che vengono dal passato. Se ignoriamo questo siamo culturalmente morti.

Il passato non è nostalgia o atteggiamento reazionario, ma è una forza critica per non essere schiacciati dalle ideologie, per non finire come “generazioni di neoprimitivi” di cui cantava Battiato in Shock in my town?

Pierpaolo Pasolini usava una formula bellissima: “La forza rivoluzionaria del passato”. E’ un serbatoio di possibilità, di idee. Capiamo che c’erano in Toscana delle città stato, e a un certo punto Firenze si è imposta ed è diventa la capitale del Granducato. Ma non è impensabile che si imponessero altre famiglie sui Medici, e magari venisse fuori un granducato con capitale Siena, o Pistoia, o Pisa. Dante ha finito la Commedia ma poteva non finirla.

Trovare le possibilità inespresse in quello che è successo, per proporre qualcosa di diverso nel presente?

Il passato ci svela le alternative. E’ la possibilità di vedere il mondo sulla base di una visione laica e generosa della società.

Isadora Duncan ha inventato i suoi passi di danza guardando i dipinti vascolari greci. Lei, che non balla, ma fa l’archeologo e lo studioso, ha allestito una mostra di arte antica alla Fondazione Prada. Più che la conoscenza puntuale di una serie di procedure e strumenti già pronti serve immergersi in quello che la storia ha suggerito senza svelarlo del tutto?

Ho cercato di rispondere all’invito di Miuccia Prada con una mostra di arte antica su un tema contemporaneo: la serialità. Sono arrivati artisti contemporanei convinti che l’arte antica non potesse dire più nulla, ed erano stupiti di come queste statue ancora abbiano da dire. Usiamo in continuazione ingredienti che arrivano dal passato anche se non ce ne accorgiamo. Il passato è libertà.

fonte

http://www.linkiesta.it/it/article/2016/02/07/salvatore-settis-la-buona-scuola-non-e-buona-e-le-competenze-non-servo/29179/

Bando per la formazione di un elenco di soggetti autorizzati alla somministrazione dell’ABA a persone affette di autismo

Con questa delibera dsi da il via alla introduzione di ABA per soggetti autistici sulla provincia di Caserta:

A parte la esiguità dei fondi 300.000 euro, a fronte di un pagamento mensile di 2.500 euro per ogni paziente trattato, ci si domanda perchè solo ABA e non altre metodologie.

A seguire il documento che potrete anche scaricare dal sito ufficiale

http://www.aslcaserta.it/portale/Portals/0/doc_pub/2015/BANDI/bando_aba.pdf

file allegato

bando_aba

La Camera ha approvato oggi la proposta di legge sul ‘dopo di noi’. Va accolto e apprezzato lo sforzo della Commissione Affari Sociali di giungere ad un testo unificato di varie proposte e di correggere le distorsioni più palesi presenti nelle prime stesure. Va riconosciuto che, dopo decenni di silenzio, il Legislatore ponga come significativa quella che è una evidente emergenza: la solitudine di molte famiglie e la loro motivata ansia per la sorte dei loro congiunti con disabilità.”

Questa la premessa di Vincenzo Falabella, Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, al testo approvato a larga maggioranza dalla Camera e che ora passa all’esame del Senato.

Ci auguriamo che in Senato ci possa essere una correzione degli elementi che in questo testo non convincono e innescano, al contrario, molti dubbi.” – prosegue Vincenzo Falabella – “Ci aspettavamo una norma che contrastasse in modo deciso l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità, impedendo il riprodursi di istituti e residenze segreganti. Chiedevamo che fosse prevista e programmata una progressiva deistituzionalizzazione delle persone che oggi vivono recluse in queste strutture. Confidavamo in un organico ripensamento delle politiche e dei servizi mirati a consentire alle persone di vivere dignitosamente nelle loro collettività, nei loro territori, obiettivo ambizioso ma ineludibile. Si delinea, invece, al massimo un fragile obiettivo di servizio, che le Regioni potranno o meno assumere, non certo bilanciato dal divieto di finanziamento di qualsiasi struttura segregante presente o futura né garantito come livello essenziale di assistenza. Anche sulla reale operatività ci sarebbe – comunque vada – moltissimo su cui vigilare.”

Lo stesso strumento del trust è una soluzione per pochi. Nel testo sarebbe stato invece opportuno rafforzare strumenti civilistici già esistenti e alla portata di una platea ben più ampia di beneficiari. E di proposte su tale specifica opportunità ce n’erano, ma sono rimaste lettera morta.”

E da ultimo un appunto lo merita anche il linguaggio adottato già ad iniziare dal titolo: persone ‘affette’ da disabilità. Tradisce un pregiudizio stigmatizzato dalla stessa Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. La disabilità non è una patologia, ma deriva soprattutto da politiche omissive, da servizi carenti, da una società non a misura di tutti.”

Giudizio, quindi, dubitativo da parte della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap che verosimilmente riproporrà emendamenti correttivi nel corso della lettura al Senato.

fonte

http://www.fishonlus.it/2016/02/04/legge-sul-dopo-di-noi-perplessita-da-fish/

Con 374 voti a favore, 11 astenuti e 75 contrari – tra cui il no del M5stelle – è stata approvata dalla Camera la legge “Dopo di noi”.

Un provvedimento atteso da anni – che ora passa al vaglio del Senato – e che risponde all’angoscioso quesito di numerose famiglie italiane: chi si occuperà di mio figlio disabile una volta che sarò morto?

Secondo le stime dell’Istat, il 25,5% degli italiani, ovvero oltre 13 milioni di individui, soffre di una disabilità, e circa 3 milioni di questi, di disabilità gravi.

 

Ashampoo_Snap_2016.02.05_10h24m39s_003_  Disabili. In arrivo la legge “Dopo di noi” Ashampoo Snap 2016

E l’urgenza di dare una risposta a tutto questo, ha spinto una cordata bipartisan Pd-Lega a presentare la proposta di legge sul “Dopo di noi”.

Il presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, Mario Marazziti, ha spiegato che “con un Fondo pubblico di 90 milioni per il 2016 e i primi 150 milioni nel triennio, le Regioni e tutti i soggetti interessati potranno garantire percorsi personalizzati per i disabili gravi dopo la morte dei genitori.

Il M5S – che ha votato contro – parla di un favore alla lobby delle assicurazioni e ai privati. Affidando all’iniziativa privata un tema delicato come quello del `dopo di noi – dicono i grillini – si accresce la forbice sociale tra ricchi e poveri e per l’ennesima volta lo Stato arretra e viene messo da parte rispetto alla tutela della salute dei suoi cittadini.

Per Elena Carnevali, deputata del Pd e relatrice della legge, si tratta invece di “un grande risultato perché finalmente si risponde al desiderio dei genitori di assicurare al proprio figlio tutte le cure e l’assistenza di cui necessita dopo la loro morte.

Il valore più grande del voto di oggi è proprio nell’aver introdotto un cambio culturale e di direzione nei confronti della disabilità grave” ha aggiunto Elena Carnevali.

fonte

http://www.radio24.ilsole24ore.com/notizie/disabili-arrivo-legge-175544-gSLASSAbWB?refresh_ce=1

Secondo Istat, 630 mila persone con gravi disabilità vivono da sole. La legge di stabilità destina al “Dopo di noi” 90 milioni di euro. Ma sono per gravi disabilità cognitive. La deputata Pd Argentin: “Solo il 10% di queste persone, una volta rimaste senza genitori, riceve aiuto dalle istituzioni. Priorità a continuità alloggiativa, assicurazioni e trust. No a Rsa”

 

ROMA – E’ una delle grandi novità della legge di stabilità, una notizia forse “epocale” per il mondo della disabilità: per la prima volta, un fondo specifico di 90 mila euro viene destinato al Dopo di noi, al sostegno cioè di quelle persone con gravi disabilità rimaste senza genitori. Soldi che però potranno essere spesi solo una volta che la legge sul Dopo di Noi sarà stata approvata. Proviamo quindi a capire quale sia la potenziale platea dei beneficiari di questo stanziamento e cosa preveda la legge nello specifico. Lo faremo qui sotto, con l’aiuto di dati fornitici dall’Istat lo scorso anno e con di Ileana Argentin, prima firmataria della legge. E lo faremo con un focus su uno degli strumenti più innovativi previsti nella stessa legge: il trust.

La platea: 630 mila persone con gravi disabilità vivono da sole. La maggior parte (580 mila) ha dai 65 anni in su. Il prossimo anno, a questa popolazione particolarmente fragile potrebbero aggiungersi altre 2.300 persone. Entro 5 anni, invece, altre 12.600. Entro il 2019, quindi, quasi 13.000 persone in più vivranno la condizione di “dopo di noi. Sono dati rilevati dall’Istat e riferiti in Commissione Affari sociali alla Camera da Linda Sabbadini (direttrice del dipartimento per le Statistiche sociali e ambientali) esattamente un anno fa

580 mila i disabili gravi “over 65”. Circa 260 mila di questi sono attualmente “figli”, ovvero vivono con uno o entrambi i genitori. E qui c’è un dato da evidenziare: oltre metà di questi (54%) non riceve aiuti dai servizi pubblici né si affida a quelli a pagamento e non può contare sull’aiuto di familiari non conviventi: l’assistenza grava quindi completamente sui familiari conviventi. Solo il 17,6% usufruisce invece di assistenza domiciliare sanitaria o non sanitaria pubblica. Di questi “figli disabili”, circa 86 mila hanno genitori anziani e il 64% è inabile al lavoro. Circa 51 mila disabili gravi giovani e adulti vivono da soli e circa 10 mila di questi non ricevono alcun tipo di sostegno.

1,5 milioni sono le persone disabili gravi anziane, ovvero sopra i 65 anni. Il 43,5% queste (580 mila) vivono da sole, il 25,6% con il proprio partner e il 16,8% con i figli. Complessivamente, il 25% usufruisce di assistenza domiciliare pubblica, ma l’8,4% degli anziani disabili gravi riceve solo l’aiuto dei familiari conviventi.

E’ a questa “platea” di potenziali beneficiari che quindi si rivolge la legge? Lo abbiamo chiesto a Ilean Argentin, prima firmataria, che innanzitutto precisa: “La legge è destinata a chi ha una grave disabilità mentale o cognitiva, mentre per le altre disabilità ho presentato un’altra proposta di legge, quella per la vita indipendente”. Parliamo comunque, per Argentin, di “centinaia di migliaia di persone, per la maggior parte anziane”.

Quante di queste hanno bisogno di supporto?
Indicativamente, posso dire che l’80% non ha attualmente dallo stato nessuna risposta e non riceve alcun tipo di assistenza. Poi c’è un 10% a cui provvedono altri familiari (sorelle o fratelli, soprattutto) e solo un altro 10% che riceve un sostegno dalle istituzioni

Il fondo stanziato per il Dopo di noi basterà a soddisfare i bisogni di tutti?
Assolutamente no, ma è un primo passo importante: abbiamo creato un capitolo di bilancio che prima non c’era. Un fondo altro rispetto a quello per la non autosufficienza. E ricordo che ai 90 milioni del primo anno seguiranno altri stanziamenti.

Quale è lo scopo principale della legge?
Certamente la continuità abitativa, con un’attenzione prioritaria a chi non ha una casa.

Mi sta dicendo che i 90 milioni stanziati saranno utilizzati per creare nuove strutture, come alcune associazioni temono?
No, il fondo sarà impiegato in gran parte per pagare l’assistenza. Gli immobili saranno messi a disposizione per lo più dagli enti locali. E comunque non parliamo di grandi strutture, come alcuni temono, ma di comunità alloggiative di tipo familiare, per un massimo di 7-8 persone. E’ ovvio che la domiciliarità è la strada da incoraggiare, ma non è praticabile per tutti e noi dobbiamo rispondere ai bisogni di ciascuno. La scelta – ecco un altro principio fondamentale della legge – non deve essere in capo alle associazioni né alle istituzioni, ma alle stesse famiglie.

Quali sono le principali novità introdotte dalle legge?
Innanzitutto il trust, che permette la continuità alloggiativa, garantisce la libera scelta e dà alle famiglie la possibilità di organizzarsi “durante di noi”. Poi le assicurazioni, che permetteranno a ciascuna famiglia di stabilire il percorso di vita dl figlio, secondo un calendario dei bisogni, anticipando in un certo senso le spese per sostenere le sue attività. E parliamo di strumenti – tanto i trust quanto le assicurazioni – che saranno defiscalizzati e riceveranno incentivi. Una parte del fondo quindi sarà indirizzata anche a questo. L’obiettivo di fondo, lo ripeto, è rendere protagonista la famiglia, sostenendo le diverse scelte di ciascuna.

fonte

http://www.superabile.it/web/it/CANALI_TEMATICI/Politiche_e_Buoni_Esempi/News/info1797666682.html