Fisco e disabilità
Fisco e disabilità

È un pessimo segnale per il futuro delle politiche sociali in Italia. Un colpo assestato dopo aver fatto balenare l’ipotesi di progettare e costruire livelli essenziali di assistenza in ambito sociale validi in tutto il Paese, di definire un Piano per la non autosufficienza, di aprire una stagione in cui l’attenzione all’inclusione sociale fosse significativa e unificante.”

È il commento del Presidente FISH Vincenzo Falabella alla lettura della risposta all’interrogazione parlamentare dell’onorevole Donata Lenzi. Il Ministero del Lavoro conferma che – in seguito ad un’intesa che ha visto convergere Stato e Regioni del 22 febbraio scorso – i trasferimenti di alcuni fondi alle Regioni a statuto ordinario verranno ridotti per esigenze di bilancio.

Fra questi il Fondo più pesantemente colpito è quello Nazionale per le Politiche Sociali che passa nel 2017 da 313 a 99 milioni portandolo vicino al minimo storico. Ma anche il Fondo per le Non Autosufficienze verrà ridotto a 450 milioni, perdendo 50 milioni.

Nella risposta scritta il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sembra prendere le distanze da una decisione che indica come assunta da Regioni e Ministero dell’Economia – prosegue Vincenzo Falabella – ma per noi è rilevante l’esito e gli effetti di questa decisione che ha visto protagonisti gli assessori al bilancio ed i presidenti delle Regioni e il MEF. Peraltro lo specifico Tavolo per le non autosufficienze, di cui fanno parte oltre a FISH altre organizzazioni e sindacati, non ha ricevuto alcuna comunicazione di questa grave novità appresa da altri canali. Questo incide negativamente sulla qualità delle interlocuzioni in essere.”

La dura reazione di FISH, a cui è da ritenere ne seguiranno altre, potrebbe mettere in seria difficoltà il Ministro e l’Esecutivo anche su altri temi di rilevanza per le politiche sociali. “Gli effetti di questa intesa, oltre ai danni materiali che si faranno sentire soprattutto nelle regioni del Sud, passano sopra molte teste, oltre a quelle delle persone con disabilità e delle loro famiglie: è lo stesso Parlamento ad essere ignorato. Quei Fondi sono stati incrementati o garantiti dopo ampie discussioni in Camera e Senato. È ai Parlamentari che facciamo appello per avere adeguato sostegno. E lascia stupefatti l’atteggiamento delle Regioni che compensano le loro mancate revisioni della spesa accettando di rinunciare a parti consistenti dei trasferimenti sul sociale. Chiederemo inoltre un confronto tempestivo con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con il Ministro dell’Economia.”

Ma la FISH non esclude anche una mobilitazione più ampia e diffusa nel Paese, in ogni singola regione, attorno alla quale conta di trovare ampie convergenze data la gravità politica di quanto accaduto.

 

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Politiche sociali umiliate: tagli pesanti ai Fondi

La scorsa primavera l’esecutivo si era appellato ai giudici amministrativi in seguito alle sentenze del Tar del Lazio, che avevano accolto i ricorsi delle associazioni dei portatori di handicap contro il nuovo sistema di calcolo che somma le pensioni di invalidità al reddito. Facendo perdere il diritto ad altri importanti benefici.

L’indennità di accompagnamento per i disabili non può essere conteggiata come reddito. Parola del Consiglio di Stato che boccia la posizione del governo Renzi sul nuovo Isee. La scorsa primavera l’esecutivo si era appellato ai giudici amministrativi in seguito alle sentenze del Tar del Lazio, che avevano accolto i ricorsi delle associazioni dei portatori di handicap contro il nuovo sistema di calcolo che somma le pensioni di invalidità al reddito. Facendo perdere il diritto ad altri importanti benefici. “Deve il Collegio condividere l’affermazione degli appellanti incidentali – si legge nella sentenza depositata lunedì 29 febbraio – quando dicono che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – e i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non un sostegno al disabile, ma una ‘remunerazione’ del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l’art. 3 della Costituzione“. In pratica, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito.

Tutto era nato con il varo del nuovo Isee da parte del governo Letta, poi entrato in vigore sotto l’esecutivo Renzi, dopo che un decreto del ministero del Lavoro aveva predisposto i nuovi modelli per la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) a fine Isee. Le modifiche, pensate anche per rendere il modello meno permeabile a elusioni e abusi, hanno coinvolto milioni di persone, visto che la dichiarazione Isee è indispensabile per l’accesso a prestazioni sociali agevolate e aiuti per le situazioni di bisogno. Uno degli aspetti più criticati era proprio l’inserimento dei contributi ricevuti a fine assistenziale nel conteggio nel reddito, cosicché per esempio il titolare di assegni e altre indennità sarebbe risultato in molti casi “ricco” e avrebbe paradossalmente perso il diritto a ulteriori aiuti o per esempio l’accesso alle case popolari. “Io sono madre di un ragazzo costretto a letto che ha diritto a due indennità, come invalido civile e come non vedente – aveva raccontato a ilfattoquotidiano.it Chiara Bonanno, una delle coordinatrici di Stop al nuovo Isee -. Ora questi soldi faranno reddito e avranno conseguenze sulla mia richiesta di affitto agevolato nelle case popolari, nonostante abbia lasciato il lavoro per assistere mio figlio. Noi siamo considerati più ricchi rispetto a una famiglia senza handicap, con una madre vedova e un figlio che risultino senza occupazione, magari perché lavorano in nero. Il problema è questo”.

Sono casi come questo che hanno dato il via ai ricorsi accolti dal Tar ormai un anno fa. I giudici non avevano ritenuto idonee le franchigie introdotte dal governo proprio per abbattere la parte di reddito derivante dai contributi di tipo assistenziale, previdenziale e indennitario. Per questo era stata annullata quella parte del decreto del presidente del Consiglio che considerava come parte del “reddito disponibile” tutti quei proventi “che l’ordinamento pone a compensazione della oggettiva situazione di svantaggio, anche economico, che ricade sui disabili e sulle loro famiglie”. Annullata anche la parte di regolamento del nuovo Isee che prevedeva franchigie variabili a seconda che il disabile sia maggiorenne o minorenne: “Non si individua una ragione – recitava la sentenza – per la quale al compimento della maggiore età una persona con disabilità sostenga automaticamente minori spese ad essa correlate”.

Ma il governo e, in particolare, la presidenza del Consiglio e i ministeri del Lavoro e dell’Economia, non si sono adeguati ai rilievi del tribunale amministrativo e, anziché modificare il decreto, hanno deciso di presentare ricorso al Consiglio di Stato. “Sentiti gli uffici competenti dell’amministrazione finanziaria in merito alla richiesta di rafforzare le misure agevolative in favore dei soggetti disabili e delle loro famiglie – aveva spiegato in aula il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti – giova ribadire che qualsivoglia iniziativa normativa dovrà necessariamente tener conto degli effetti negativi sui saldi di finanza pubblica per i quali è opportuno reperire idonei mezzi di copertura finanziaria”. Per questo motivo “la Presidenza del Consiglio dei ministri ha manifestato di condividere la posizione espressa dal ministero (del Lavoro e delle politiche sociali) in ordine all’opportunità di proporre appello dinanzi al Consiglio di Stato, previa sospensione dell’esecutività delle sentenze impugnate”.

“Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva – spiega oggi il Consiglio di Stato -. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa”. Pertanto, “la «capacità selettiva» dell’Isee, se deve scriminare correttamente le posizioni diverse e trattare egualmente quelle uguali, allora non può compiere l’artificio di definire reddito un’indennità o un risarcimento, ma deve considerarli per ciò che essi sono, perché posti a fronte di una condizione di disabilità grave e in sé non altrimenti rimediabile”.

Quanto al sistema delle franchigie, i giudici amministrativi di appello sottolineano come “non può compensare in modo soddisfacente l’inclusione nell’Isee di siffatte indennità compensative, per l’evidente ragione che tal sistema s’articola sì in un articolato insieme di benefici ma con detrazioni a favore di beneficiari e di categorie di spese i più svariati, onde in pratica i beneficiari ed i presupposti delle franchigie stesse sono diversi dai destinatari e dai presupposti delle indennità”. Infine “non convince il temuto vuoto normativo conseguente all’annullamento in parte qua di detto DPCM, in quanto, in disparte il regime transitorio cui il nuovo Isee è sottoposto, a ben vedere non occorre certo una novella all’art. 5 del DL 201/2011 per tornare ad una definizione più realistica ed al contempo più precisa di «reddito disponibile». All’uopo basta correggere l’art. 4 del DPCM e fare opera di coordinamento testuale, giacché non il predetto art. 5, c. 1 del DL 201/2011 (dunque, sotto tal profilo immune da ogni dubbio di costituzionalità), ma solo quest’ultimo ha scelto di trattare le citate indennità come redditi”.

FONTE

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/29/nuovo-isee-consiglio-di-stato-boccia-governo-su-disabili-indennita-e-un-sostegno-non-una-remunerazione-per-invalidita/2506648/

La legge di stabilità è stata modificata. Dopo i timori emersi nella proposta che il governo aveva recentemente avanzato sono state apportate delle modifiche che in qualche caso la rendono meno amara ai disabili e alle loro famiglie. Questo è avvenuto anche grazie alla protesta delle associazioni e più in particolare a quelle delle famiglie con parenti malati di SLA, la Sclerosi Laterale Amiotrofica.

DIVERSAMENTE DISABILI

Ma da questa protesta e dalle successive modifiche è nato un equivoco che deve essere chiarito in modo chiaro al più presto per non dare la sensazione che ci siano disabili di serie A e disabili di serie B. Una specie di discriminazione tra persone già discriminate… Infatti ovunque si legge che sono stati trovate le risorse necessarie per i malati di SLA, come se fossero gli unici ad averne bisogno. In realtà la SLA è diventata la rappresentante delle disabilità gravi e gravissime e di conseguenza i fondi che saranno stanziati saranno validi anche per le famiglie in cui vivono persone con patologie che portano a una totale non autosufficienza.

 

UN MILIARDO DI EURO

A quanto pare il governo dovrebbe mettere a disposizione per il Sociale una cifra che si aggira intorno a un miliardo di Euro, riducendo quindi i sacrifici a cui sarebbero andate incontro le persone disabili e non autosufficienti. Purtroppo però non tutte le categorie beneficeranno di questi fondi; sembra infatti che andranno a favore solo dei disabili non autosufficienti, dei pensionati con redditi bassi e degli indigenti.

IL TESORETTO

Ma da dove escono fuori questi soldi? Semplice: con la sola cancellazione della norma che prevedeva la riduzione delle aliquote Irpef il governo a recuperato una cifra di oltre 4 miliardi di euro per il 2013 da mettere a disposizione di altre iniziative, tra cui quelle a favore di alcune categorie svantaggiate come i disabili gravi. Ma anche dal congelamento di opere discusse e controverse come il ponte sullo stretto di Messina.

LE NOVITA’ DELLA LEGGE DI STABILITA’

Oltre al recupero dei fondi di cui si è scritto sopra, saltano i tagli agli sconti fiscali ed in particolare della loro retroattività. Si pensa anche alla revisione della franchigia, che comprendeva anche le spese mediche, che era stata stabilita a 250 euro per i redditi superiori a 15.000 euro. Per chi ha un figlio disabile potrà portare in detrazione circa 1.000 europurchè il suo reddito non superi i 95.000 euro annui. Per i figli più in generale le detrazioni saranno di 900 euro per i bambini con meno di tre anni di età e di 800 per gli altri. In caso di famiglie con due figli le detrazioni potranno essere applicate purchè il reddito non superi i 110.000 euro.

Legge 104/1992: i tre giorni di permesso al mese stabiliti dalla legge saranno retribuiti al 100% nel caso in cui si debba assistere un figlio, un coniuge o si tratti di disabilità propria. Ma nel caso più comune, quello di dare assistenza a genitori con disabilità, la retribuzione viene tagliata del 50%. Ma la norma dovrebbe riguardare solo i dipendentio pubblici.

L’aumento dell’Iva di 1 punto è previsto per le aliquote attualmente al 21% mentre non sarà applicato a quelle al 10%. Inoltre sembra essere stato congelato l’aumento dell’aliquota Iva dal 4% al 10% che avrebbe avuto effetti devastanti sulle cooperative sociali che erogano servizi socio sanitari, assistenziali ed educativi.

fonte

http://www.abilitychannel.tv/diversamente-disabili-come-cambia-la-legge-di-stabilita/

La manovra finanziaria per il 2016, contiene, infatti, una serie numerosa di norme nuove che comprendono:

1) nuovi Fondi Sociali;

2) vita indipendente;

3) scuola e inclusione scolastica;

LEGGI ANCHE: Disabili: integrazione prima, durante e dopo la scuola, come?

4) Carta della Famiglia;

LEGGI ANCHE: Social Card e Family Card per il 2016: chi può richiederle e come utilizzarle?

5) povertà ed esclusione sociale;

6) Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile;

7) trasporto pubblico;

8) salvaguardia degli esodati;

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9) settore sanitario;

10) aggiornamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza);

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11) malattie rare.

VITA INDIPENDENTE

In riferimento, ad esempio, alla vita indipendente, la legge di Stabilità, al comma 406 dell’unico articolo, non stanzia “un vero e proprio fondo”, bensì un finanziamento circoscritto al 2016. Il Legislatore, si apprende, stanzia infatti 5 milioni di euro per incrementare le attività progettuali atte ad introdurre adeguate misure per rendere concretamente indipendente la vita delle persone con disabilità grave, così come stabilito dalle disposizioni di cui alla Legge 21 maggio 1998, n. 162.

E’ da ricordare, in tal senso, come recentemente una parte del Fondo per le Non Autosufficienze, esattamente 20 milioni nel corso degli ultimi 2 anni, è stata indirizzata a sovvenzionare progetti orientati dalle Regioni, in via sperimentale, a favore della garanzia e tutela della vita indipendente dei soggetti disabili.

Non è certo se, nell’immediato futuro, questo nuovo finanziamento sarà concepito per le medesime finalità, ancora non conoscendosi modalità e parametri di spartizione.

LEA – LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA

Sono stati previsti 60 giorni di tempo dalla data di entrata in vigore della legge di Stabilità 2016 per provvedere ad aggiornare il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che reca la Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza.

In base alla procedura, definizione ed aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza vengono realizzati mediante apposito Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su parere del Ministro della Salute insieme con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, e dietro l’intesa con la Conferenza Stato Regioni.

Per il 2016, ai fini dell’applicazione dei nuovi LEA, vengono stanziati 800 milioni di euro, derivanti dal Fondo Sanitario Nazionale. Viene, poi, istituita presso il Ministero della Salute una “Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio Sanitario Nazionale”.

A quest’ultima, viene, inoltre, demandato il compito di determinare che l’applicazione dei LEA venga effettuata in maniera omogenea in tutte le Regioni, rispetto a prestazioni e livello di qualità.

 

fonte

http://www.leggioggi.it/2016/01/08/legge-stabilita-quali-novita-per-disabili-nel-2016/

 

Ashampoo_Snap_2016.01.04_14h42m33s_002_  Hai un figlio disabile? Paga le tasse sulla pensione od indennità Ashampoo Snap 2016

Stop al nuovo Isee. La protesta dei famigliari delle persone disabiliva avanti da mesi. La revisione dell’Indicatore della situazione economica equivalente rischia infatti di sfavorire soprattutto chi è in condizioni più gravi. Le novità sono state approvate dal governo a fine 2013, ma sono entrate in vigore solo a inizio 2015, dopo che a novembre un decreto del ministero del Lavoro ha predisposto i nuovi modelli per
la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) a fine Isee.
A essere coinvolti dalle modifiche sono milioni di persone, visto che la dichiarazione Isee è indispensabile per l’accesso aprestazioni sociali agevolate e aiuti per le situazioni di bisogno. L’Isee è stato ripensato anche per rendere il modello meno permeabile a elusioni e abusi. Ma ora sfavorisce i disabili più gravi. Queste almeno le accuse di diverse associazioni, che hanno presentato ben tre ricorsi al Tar, la cui sentenza è attesa a breve.

In particolare, tra gli aspetti più criticati c’è il fatto che i contributiricevuti a fine assistenziale devono essere conteggiati nel reddito. Sebbene il decreto del 2013 prevedesse di prendere in considerazione tutti i trattamenti pensionistici, le indennità e gli assegni percepiti, il modello approvato a dicembre indica esplicitamente solo gli aiuti erogati dall’Inps, come le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento. Rimangono pertanto esclusi nel computo del reddito i contributi erogati dagli enti locali, come per esempio quelli per la rimozione delle barriere architettoniche, per i progetti di vita indipendente, per il trasporto o la social card. Un cambiamento in corsa che si è reso necessario forse proprio per rispondere ad alcune delle contestazioni mosse nei ricorsi.

Ma questo non basta a chi si è rivolto alla giustizia amministrativa: “E’ assurdo dal punto di vista giuridico che tali entrate vengano equiparate al reddito da lavoro – sostiene Silvana Giovannini, referente del coordinamento Disabili Isee No Grazie -. Disabilità e lavoro sono la stessa cosa?”. E non è sufficiente a placare le polemiche una serie di franchigie – comprese tra 4mila e 9.500 euro in base a gravità della disabilità e a seconda che il disabile sia maggiorenne o minorenne – previste proprio per abbattere la parte di reddito derivante dai contributi di tipo assistenziale. “Io sono madre di un ragazzo costretto a letto che ha diritto a due indennità, come invalido civile e come non vedente – racconta Chiara Bonanno, una delle coordinatrici di Stop al nuovo Isee, altra realtà che è ricorsa al Tar -. Ora questi soldi faranno reddito e avranno conseguenze sulla mia richiesta di affitto agevolato nelle case popolari, nonostante abbia lasciato il lavoro per assistere mio figlio. Noi siamo considerati più ricchi rispetto a una famiglia senza handicap, con una madre vedova e un figlio che risultino senza occupazione, magari perché lavorano in nero. Il problema è questo”.

Altro punto sotto accusa è il tetto da 5mila euro per le spese che si possono detrarre nel calcolo dell’Isee, come quelle mediche o per l’acquisto di cani guida. “Anche questa è una illegittimità palese – continua Giovannini -. Una persona disabile di solito è costretta dalle sue condizioni a cure particolari e costose”. Per la richiesta di prestazioni sociosanitarie il nuovo Isee dà poi la possibilità ai disabili maggiorenni, senza coniuge e senza figli, che vivano con i genitori, di indicare un nucleo famigliare ristretto, composto dalla sola persona con disabilità senza i genitori. Un vantaggio che non hanno invece i disabili minorenni. E nemmeno i disabili anziani, che nel calcolo del loro reddito devono considerare anche quello di coniugi e figli non conviventi. “Se parliamo di non autosufficienza – sostiene Giovannini – non fa differenza essere minorenni o meno. Perché un disabile minorenne o anziano devono essere penalizzati? Non si possono considerare in modo diverso stati di disabilità identici”. “Facendo così lo Stato dice che un anziano non autosufficiente è un problema della famiglia, non dello Stato stesso”, aggiunge Bonanno.

La battaglia al Tar contro il nuovo Isee va di pari passo a quella da portare avanti negli enti locali per l’innalzamento delle soglie di accesso alle prestazioni sociali agevolate. Il rischio, altrimenti, è uno. “L’esclusione dai servizi essenziali di persone con disabilità gravi e non autosufficienti e con un reddito molto basso”, dice Giovannini. Un rischio reale anche secondo Carlo Giacobini, direttore della testata online HandyLex.org, che dopo avere eseguito una serie di simulazioni spiega: “Nella maggior parte dei casi con il nuovo Isee, ferme restando le soglie di accesso ai servizi, non cambia molto. E in certi casi ci sono pure dei miglioramenti. Ma per chi ha disabilità più gravi e ha quindi diritto a indennità plurime, il nuovo sistema rischia di essere svantaggioso. E questi sono proprio coloro che avrebbero più bisogno di tutele, come i pluriminorati con nuclei famigliari ristretti. Elementi di svantaggio ci sono pure per i non vedenti e per gli invalidi sul lavoro”.

fonte:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/23/isee-danneggia-i-disabili-pensioni-invalidita-equiparate-stipendi/1347948/