Disabilità

L’evoluzione dell’inclusione scolastica in Italia
Il concetto di inclusione scolastica entra nel dibattito pedagogico italiano negli anni ’90. Successivamente, si concretizza il passaggio da un approccio basato sull’integrazione degli alunni con disabilità a un modello di didattica inclusiva orientato al pieno sviluppo formativo di tutto il gruppo classe. Il Decreto Inclusione rappresenta solamente l’ultima tappa di questa rivoluzione educativa che mette al centro il valore della diversità come occasione di crescita per tutti gli alunni.

Dall’integrazione all’inclusione nella scuola italiana
Il concetto di inclusione nella scuola italiana è relativamente recente e rappresenta l’ultima tappa dell’evoluzione nel dibattito sulla pedagogia inclusiva. Per comprendere l’attuale fase nella scuola italiana, occorre partire da un importante chiarimento, integrazione non è sinonimo di inclusione.

L’integrazione scolastica può essere letta come l’obiettivo di una strategia didattica per la partecipazione e il coinvolgimento delle persone con disabilità. Con il termine “inclusione”, ci si riferisce invece a una strategia finalizzata alla partecipazione e al coinvolgimento di tutti gli studenti, con l’obiettivo di valorizzare al meglio il potenziale di apprendimento dell’intero gruppo classe. Con il passaggio dall’integrazione all’inclusione si sposta quindi più in là il raggio d’azione della didattica, inserendosi perciò in un contesto educativo di sempre maggiore complessità.

In Italia, a livello scolastico e pedagogico, il concetto di inclusione viene adottato dall’inglese solamente negli anni ’90. Il passaggio non rappresenta solamente un cambiamento terminologico, bensì un’innovazione concettuale e di impostazione istituzionale. L’obiettivo è quello di mettere al centro della scuola il valore della diversità, come occasione di crescita data dall’interazione con una persona con disabilità o con altri tipi di disturbi, che possono essere anche passeggeri.

Si supera così l’idea di una “normalità” della didattica basata sull’omogeneità di chi apprende, passando invece alla visione di classe come realtà caratterizzata da una ampia pluralità di bisogni e necessità individuali. I problemi relativi alla didattica verso persone con disabilità, infatti, non sono altro che una specifica manifestazione di problemi che pongono, in maniera diversa e a volte mascherata, anche gli altri alunni. A livello didattico, la conseguenza più importante di questa evoluzione nel dibattito pedagogico è il superamento dell’illusione che sia possibile una strategia didattica standardizzata. La didattica inclusiva deve essere intesa perciò come una trasformazione dell’ambiente educativo che coinvolge e favorisce l’intera comunità scolastica, non solamente l’alunno con disabilità.

Le tappe fondamentali dell’inclusione nella normativa scolastica italiana
L’attuale assetto di strumenti e pratiche che garantiscono l’inclusione di tutti gli alunni nelle scuole italiane è il frutto di una stratificazione normativa lunga decenni. Un percorso complesso, fatto di piccoli passi e di grandi balzi in avanti.

Le linee guida del 2009
È impossibile parlare di inclusione scolastica senza citare uno dei documenti pedagogici e normativi più importanti a livello didattico, ovvero le Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità del 2009. È con questo documento, infatti, che si gettano le basi per l’utilizzo dell’ICF (International Classification of Functioning) come modello di riferimento per la classificazione della disabilità. Con l’adozione dell’ICF, elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2010, si tengono in considerazione tutti i fattori contestuali del processo educativo, sposando quindi un approccio di tipo “ecologico” (ovvero che dà la giusta importanza all’ambiente educativo) come punto di partenza per l’inclusione scolastica. Nelle Linee Guide del 2009 si stabiliscono così due concetti fondamentali:

l’accettazione delle diversità presentate dagli alunni disabili come fonte di arricchimento;
l’importanza di prestare attenzione ai bisogni di ciascuno, non solamente quindi alle esigenze degli alunni affetti da particolari disturbi.
La legge 170/2010
Il successivo passaggio normativo è rappresentato dalle “Nuove norme in materia di disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) in ambito scolastico” contenute nella Legge 170/2010. È con questa legge che si concretizza l’approccio innovativo dell’inclusione scolastica e si definiscono tutti gli strumenti e le metodologie per consentire il pieno sviluppo del processo formativo a partire dalla singolarità e complessità di ogni persona. Al centro di questa strategia, vengono così inserite la personalizzazione e l’individualizzazione dell’offerta didattica.

La Direttiva sui BES del 2012
Nel 2012, la necessità di dare sempre più centralità agli studenti ha portato il Miur a redigere una specifica Direttiva Ministeriale intitolata “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”, in cui si riconosce la possibilità che un alunno presenti esigenze didattiche particolari anche in assenza di DSA. Di conseguenza, si organizzano criteri didattici inclusivi per tutti quegli studenti che presentano difficoltà dovute a cause socio-ambientali, culturali o familiari. Questo passaggio ha rappresentato sicuramente una rivoluzione culturale per l’istituzione scolastica, soprattutto per il potenziamento della cultura dell’inclusione che ne consegue.

Il Decreto Inclusione 2017 – 2019
Il Decreto inclusione rappresenta l’ultima tappa, in ordine di tempo, del percorso verso la realizzazione dell’inclusione scolastica. La sua prima stesura è del 2017, modificata poi nel 2019. Con questo decreto, il governo ha introdotto importanti modifiche, consolidando e approfondendo la scelta per la personalizzazione della didattica. Tra le altre cose, viene dato maggior peso al ruolo delle famiglie, si creano i Gruppi di Inclusione Territoriale e i Gruppi di lavoro operativi per l’inclusione. Il nucleo della riforma è sicuramente concentrato nei Piani Educativi Individualizzati (PEI), che vengono così ad essere gli strumenti fondamentali con cui il consiglio di classe è tenuto a disegnare un piano didattico specifico per ogni alunno disabile.

Triste fatto di cronaca occorso nell’area di servizio Rubicone est sulla A14, all’altezza di Savignano sul Rubicone, in provincia di Forlì. Qui alcuni ragazzi affetti da autismo, di ritorno da un periodo di vacanza in Molise con i loro educatori, dopo essersi accomodati negli appositi tavolini all’aperto per consumare il pranzo al sacco, sono stati allontanati in malo modo da un addetto al distributore di benzina il quale asseriva che tali posti fossero riservati ai clienti che effettuavano una consumazione nell’autogrill, a tal punto gli educatori hanno insistito per acquistare qualcosa per ognuno dei ragazzi all’interno del sopracitato esercizio commerciale ma, purtroppo, l’addetto si è dimostrato inflessibile e i ragazzi si sono dovuti allontanare.

Autismo, la necessità d’inclusione
Tanto premesso, alla luce di quanto descritto, urge una riflessione profonda sul tema della disabilità e della necessità di attuare componenti connotati da profonda empatia, in quanto è fondamentale ricordare che – specialmente in questo periodo segnato dalla pandemia da Covid-19 – abbiamo il dovere morale di diventare una società maggiormente inclusiva nei confronti delle persone con fragilità affinché le stesse possano esprimere appieno le proprie attitudini e ispirazioni e si possa neutralizzare nel contempo la cosiddetta stigmatizzazione aprioristica che – sovente – è dettata da una scarsa conoscenza della disabilità nel suo complesso.

Un insegnamento da trarre
In particolare, per quanto riguarda la vicenda in oggetto, le scuse del gestore dell’area di servizio correlate alla volontà di effettuare una donazione all’associazione protagonista di questa spiacevole vicenda rappresentano un passo avanti. Ma, per trarre un insegnamento maggiormente proficuo da questo episodio, sarebbe oltremodo proficuo e arricchente dal punto di vista morale e umano se il dipendente che ha attuato questa condotta svolgesse del volontariato con questi magnifici ragazzi. Ciò permetterebbe di generare un processo di conoscenza reciproca che eviterebbe senza dubbio il ripetersi di certi comportamenti in futuro e nel contempo conferirebbe maggiore e più concreta attuazione al pensiero di Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la Pace nel 1980: “La grande ricchezza dell’umanità sta nella solidarietà”.

Inclusione, con la DaD diminuisce la partecipazione degli alunni disabili: rapporto Istat

Con la didattica a distanza diminuisce la partecipazione degli alunni con disabilità. Questo è uno degli aspetti che emerge dal nuovo Rapporto Istat sull’inclusione scolastica con riferimento all’a.s. 2019/2020.

L’attivazione della Didattica a distanza (DAD) a partire dal 9 aprile scorso per far fronte all’emergenza sanitaria da Covid-19, ha infatti rappresentato un ostacolo al proseguimento dei percorsi di inclusione intrapresi dai docenti, riducendo sensibilmente la partecipazione degli alunni con disabilità.

Dal Rapporto ( vedi il rapporto qui Report-alunni-con-disabilità)  Istat risulta che oltre il 23% degli alunni con disabilità (circa 70 mila) non ha preso parte alle lezionii, quota che cresce nelle regioni del Mezzogiorno raggiungendo la percentuale del 29%.

I motivi che hanno reso difficile la partecipazione degli alunni con disabilità alla DaD sono diversi; tra i più frequenti sono da segnalare la gravità della patologia (27%), la mancanza di collaborazione dei familiari (20%) e il disagio socio-economico (17%).

Per una quota meno consistente ma non trascurabile di ragazzi, il motivo dell’esclusione è dovuto alla difficoltà nell’adattare il Piano educativo per l’inclusione (PEI) alla Didattica a distanza (6%), alla mancanza di strumenti tecnologici (6%) e, per una parte residuale, alla mancanza di ausili didattici specifici (3%).

Insegnanti di sostegno per lo più non specializzati
Il numero di insegnanti di sostegno risulta essere adeguato alle richieste, ma sono pochi gli specializzati.

Nel 37% dei casi si selezionano i docenti per il sostegno dalle liste curricolari; si tratta di docenti individuati per rispondere alla carenza di insegnanti per il sostegno, ma che non hanno una formazione specifica per
supportare al meglio l’alunno con disabilità. Questo fenomeno è più frequente nelle regioni del Nord, dove la quota di insegnanti curricolari che svolgono attività di sostegno sale al 47% mentre si riduce nel Mezzogiorno attestandosi al 24%.

Al Sud pochi assistenti all’autonomia
Nelle scuole italiane gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione, che affiancano gli insegnanti per il sostegno, sono più di 57 mila. Si tratta di operatori specializzati, finanziati dagli enti locali, la cui presenza può migliorare molto la qualità dell’azione formativa.

La disponibilità di queste figure professionali varia molto sul territorio. A livello nazionale il rapporto alunno/assistente è pari a 4,6; nel Mezzogiorno cresce a 5,5, con punte massime in Campania e in Molise dove supera, rispettivamente, la soglia di 14 e 13 alunni con disabilità per ogni assistente.

In aumento gli alunni con BES
Rispetto all’anno scolastico 2017/2018, la presenza di studenti con Bisogni educativi speciali all’interno della scuola è cresciuta del 29% sugli alunni iscritti (+60 mila circa). L’aumento è maggiore nelle regioni del Centro (+ 33%) rispetto a quelle del Nord (+26%).

In DAD anche figli del personale sanitario: in presenza solo gli alunni con disabilità o altri BES

Con la nota del 7 marzo del ministero dell’Istruzione viene chiarita la questione della frequenza a scuola in presenza nel caso siano disposte le attività a distanza.

Nella nota ( vedi nota m_pi.AOOGABMI.REGISTROUFFICIALEU.0010005.07-03-2021) si chiarisce che trova applicazione l’art. 43 del DPCM 2 marzo2021 in cui si dispone che resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell’istruzione n. 89 del 7 agosto 2020, e dall’ordinanza del Ministro dell’istruzione n. 134 del 9 ottobre 2020.

Ciò limita quanto previsto dalla nota del 4 marzo, vale a dire la possibilità di frequenza scolastica in presenza anche per gli studenti figli di personale sanitario o di altre categorie di lavoratori, le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione. Non sono dunque previste deroghe per attività a favore dei figli di lavoratrici e lavoratori dei cosiddetti servizi essenziali.

Tale disposizione ha suscitato sconcerto tra i medici: siamo sconcertati per il susseguirsi di decisioni contrastanti sulla possibilità per i figli dei medici, degli odontoiatri e dei sanitari in genere di poter frequentare la scuola in presenza, ha affermato la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo), che chiede il ripristino della deroga.

Nel frattempo sono tante le esperienze che continuano ad essere segnalale nelle scuole: molto spesso capita che ad essere presenti siano solo l’alunno con disabilità e il docente di sostegno, mentre tutti gli altri sono in DAD, ricostruendo quella diade che poco ha a che fare con l’inclusione e che ripresenta in maniera plateale il fenomeno della delega. In alcuni casi, leggiamo in diversi interventi nei social, sono presenti anche gli altri docenti, ma paiono impegnati con gli altri alunni a distanza, mentre ancora una volta è riaffermata la delega, il docente di sostegno come risorsa esclusiva, dedicata.

Non mancano le famiglie che chiedono a gran voce la presenza di piccoli gruppi di compagni a scuola, come pure ancora previsto per favorire i processi di inclusione. Eppure, forse al cento le misure di attenzione per prevenire la diffusione del Covid, questa possibilità non pare essere particolarmente caldeggiata nelle scuole ed anzi, in alcuni casi appare poco visibile, se non in quale modo invisa anche nelle stesse dirigenze.

Nel frattempo lo spettro di un nuovo lockdown si aggira nelle nostre province, mentre la campagna vaccinale procede a tentoni. Proliferano le ordinanze regionali, i ricorsi, le disposizioni dei sindaci. Le attività in presenza vengono disposte e sospese in una schizofrenica sequela che non consente sosta e ristoro.

E’ passato ormai più di un anno e ancora non compare una luce in fondo al tunnel, mentre i nostri figli continuano a chiedere socialità, relazione, presenza, confronto appartenenza. Procediamo a passi incerti, lenti e sfocato è il ricordo del calore di un abbraccio. Eppure scalda ancora.

Può una Conferenza Unificata Stato Regioni approvare un documento in palese contraddizione con una legge di stato la 134/ 2015 e l’art. 60 dei LEA in cui l’autismo era stato appena inserito? No.

E infatti sembra sia stato tutto un grande equivoco di cui l’Ing. Giovanni Marino si scusa, dopo essersi giustamente allarmato non appena ricevuto il testo (orrendamente) emendato che avrebbe fatto precipitare i diritti delle persone autistiche in un buco nero da cui difficilmente saremmo potuti uscire.

Queste le parole dell’Ing. Marino, pres. Angsa Calabria e della Fondazione Marino:

<Per chissà quale strano fattore – le linee di indirizzo approvate- sono quelle che abbiamo aiutato ad elaborare e non quelle che mi hanno inviato pieni degli emendamenti che non potevamo accettare. Non ho difficoltà a chiedere scusa se il mio articolo sul Sole24ore ha scatenato un putiferio sul web. Se il mio articolo è servito a fare correggere qualche errore dimostra il ruolo associativo nella pressione mediatica. In ogni caso scusatemi ancora ma sono felice che il processo sui diritti delle persone con autismo si sia felicemente concluso. >

Quindi le conquiste di questi ultimi anni, pur se ancora tutte sulla carta, ancora non sono compromesse!

Adesso avanti perché tutte le Regioni si uniformino e non ci sia più disparità negli interventi soprattutto nella loro tipologia, che deve rispondere all’evidenza scientifica.

fonte:
http://www.angsalazio.org/un-equivoco-o-ma-almeno-adesso-sappiamo-di-non-essere-stati-presi-in-giro/

Allegati

Aggiornamento-Linee-Indirizzo-Disturbi-dello-Spettro-Autistico

La Consulta regionale per i disturbi neuropsichiatrici dell’infanzia e dell’adolescenza e dello spettro autistico e una rete integrata per i servizi diretti alla diagnosi precoce e alla definizione delle terapie per le persone autistiche. È quanto prevede la legge approvata a maggioranza dal Consiglio regionale della Campania e illustrata all’aula dal consigliere regionale Raffaele Topo (Pd), presidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale, in qualità di relatore di maggioranza.

La Consulta istituita dalla legge svolge attività propositiva, consultiva e di osservazione del fenomeno in Campania ed è costituita dall’assessore alla Sanità (attualmente il governatore Vincenzo De Luca è commissario per la sanità), l’assessore alle Politiche sociali, l’assessore all’istruzione, l’assessore al Lavoro, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, un rappresentante per ogni associazione o federazione di associazioni, legalmente costituite, di familiari delle persone affette da autismo, operanti sul territorio regionale, un docente universitario in neuropsichiatria infantile.

fonte

http://www.ilmattino.it/napoli/politica/napoli_campania_autismo_legge-3234997.html

La Rete dei 65 movimenti (composta da 105 associazioni, comitati e altri autorevoli esponenti della società civile) si dissocia totalmente dal gravissimo tentativo, reso pubblico nella data del 15 marzo, di “aggiustare e ripulire” il decreto delegato sull’inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilità (ecco il link al parere favorevole sull’atto del Governo 378 pubblicato ieri 17-03-2017 )

Come abbiamo sempre affermato in numerosi sedi, questo testo è inemendabile e rappresenta un attacco gravissimo all’inclusione, al principio di non discriminazione, alla crescita armoniosa degli alunni/studenti “comunque abili”, e dunque alle loro famiglie, ai lavoratori del comparto scuola e agli operatori specializzati nelle diverse attività di assistenza (alla comunicazione, autonomia, ingiene), necessarie agli alunni/studenti con disabilità.

Il succitato tentativo di ridisegnare l’atto 378 ha prodotto, come era evidente e prevedibile, una mostruosità, priva di anima, nonostante una virata sul registro linguistico, attraverso gli evocativi termini “bambine e bambini” o “alunni e alunne” (che ben lieve effetto sortiscono, perché disgiunti dal ritiro del decreto delegato sull’infanzia, noto come 0-6, o da un’esplicita tutela per gli studenti non frequentanti, che hanno bisogno della scuola ospedaliera e domiciliare, ad esempio).

Per non parlare del girone dantesco nel quale precipiteranno le famiglie e i loro figli, nella speranza di superare più di cinque pareri, commissioni e percorsi labirintici, prima di avere qualche certezza sulla vita scolastica e i servizi irrinunciabili a essa legati.

Continua a permanere: la condizione dei diritti all’esistenza delle risorse disponibili; il GIT, organismo inutile che costerà oltre 13 milioni di euro, tolti alla scuola dell’inclusione; si prevedono i contributi economici alle scuole private, con il rischio delle “scuole speciali”, senza che si abbia il coraggio di dire a quanto ammonteranno queste somme; nel momento più importante per il futuro dei propri figli (i propri angeli) con disabilità, i padri e le madri sono lasciati soli con un esercito di personale sanitario e para-sanitario, nonché qualche rappresentante della scuola adibito a freddo burocrate, che dovranno decidere come “funziona” un bambino/a con disabilità, senza che sia prevista una figura educativa, pedagogica, di sostegno, ecc…; tutto viene deciso da questa “super-commissione” para-sanitaria; nessuno quantifica le ore di sostegno necessarie per ogni singolo bambino/a; si prevedono ben 4 momenti valutativi/accertativi ad opera di differenti gruppi di persone; una montagna di carte e una burocrazia pazzesca che dovrà confluire al GIT, organismo costosissimo. Una follia. Riteniamo gravissima l’accondiscendenza della Fish e della Fand ad un testo mostruoso.

La Rete dei 65 movimenti, oggi in sciopero per il ritiro dei decreti attuativi della Legge 107 del 2015, coerentemente col proprio obiettivo e mandato, fornirà a breve alle famiglie e ai soggetti coinvolti, in via diretta e a mezzo stampa, un vademecum per la lettura di questo “astruso e periglioso testo”.

Qui il comunicato stampa

Ashampoo_Snap_2017.03.21_19h51m43s_003_  No alla riforma del sostegno scolastico: meno diritti per i disabili Ashampoo Snap 2017

pag.2  No alla riforma del sostegno scolastico: meno diritti per i disabili pag
Fonte

https://retedei65movimenti.wordpress.com/2017/03/17/no-alla-riforma-del-sostegno-emendata-vogliamo-il-ritiro/

È un pessimo segnale per il futuro delle politiche sociali in Italia. Un colpo assestato dopo aver fatto balenare l’ipotesi di progettare e costruire livelli essenziali di assistenza in ambito sociale validi in tutto il Paese, di definire un Piano per la non autosufficienza, di aprire una stagione in cui l’attenzione all’inclusione sociale fosse significativa e unificante.”

È il commento del Presidente FISH Vincenzo Falabella alla lettura della risposta all’interrogazione parlamentare dell’onorevole Donata Lenzi. Il Ministero del Lavoro conferma che – in seguito ad un’intesa che ha visto convergere Stato e Regioni del 22 febbraio scorso – i trasferimenti di alcuni fondi alle Regioni a statuto ordinario verranno ridotti per esigenze di bilancio.

Fra questi il Fondo più pesantemente colpito è quello Nazionale per le Politiche Sociali che passa nel 2017 da 313 a 99 milioni portandolo vicino al minimo storico. Ma anche il Fondo per le Non Autosufficienze verrà ridotto a 450 milioni, perdendo 50 milioni.

Nella risposta scritta il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sembra prendere le distanze da una decisione che indica come assunta da Regioni e Ministero dell’Economia – prosegue Vincenzo Falabella – ma per noi è rilevante l’esito e gli effetti di questa decisione che ha visto protagonisti gli assessori al bilancio ed i presidenti delle Regioni e il MEF. Peraltro lo specifico Tavolo per le non autosufficienze, di cui fanno parte oltre a FISH altre organizzazioni e sindacati, non ha ricevuto alcuna comunicazione di questa grave novità appresa da altri canali. Questo incide negativamente sulla qualità delle interlocuzioni in essere.”

La dura reazione di FISH, a cui è da ritenere ne seguiranno altre, potrebbe mettere in seria difficoltà il Ministro e l’Esecutivo anche su altri temi di rilevanza per le politiche sociali. “Gli effetti di questa intesa, oltre ai danni materiali che si faranno sentire soprattutto nelle regioni del Sud, passano sopra molte teste, oltre a quelle delle persone con disabilità e delle loro famiglie: è lo stesso Parlamento ad essere ignorato. Quei Fondi sono stati incrementati o garantiti dopo ampie discussioni in Camera e Senato. È ai Parlamentari che facciamo appello per avere adeguato sostegno. E lascia stupefatti l’atteggiamento delle Regioni che compensano le loro mancate revisioni della spesa accettando di rinunciare a parti consistenti dei trasferimenti sul sociale. Chiederemo inoltre un confronto tempestivo con il Presidente del Consiglio dei Ministri e con il Ministro dell’Economia.”

Ma la FISH non esclude anche una mobilitazione più ampia e diffusa nel Paese, in ogni singola regione, attorno alla quale conta di trovare ampie convergenze data la gravità politica di quanto accaduto.

 

fonte

Politiche sociali umiliate: tagli pesanti ai Fondi

Buona scuola

Buona scuola e disabilità: così si torna indietro di 40 anni!

Agpd esprime grande preoccupazione per i decreti attuativi della legge 107/2015 Buona scuola in tema di miglioramento dell’istruzione e delle inclusione degli alunni e studenti con disabilità, e lancia un grido di allarme: questi decreti violano l’articolo 3 della Costituzione e facendosi beffe della Convenzione Onu sui diritti delle persone con Disabilità, ci proiettano indietro di anni, a tempi di marginalizzazione e di medicalizzazione.

“Non condivido la soddisfazione per le aperture del Governo, raccolta da parte delle associazioni, rappresentative a  livello nazionale” – riferisce Rita Viotti, presidente di AGPD – “perché trovo di una gravità inaudita il mancato coinvolgimento del mondo associazionistico in fase di stesura. Questi decreti legittimano giuridicamente l’involuzione culturale, cui assistiamo già da qualche anno nelle scuole. Richiedere delle modifiche è certamente doveroso, ma temo che l’impegno di molti riuscirà a migliorare di poco il pasticcio fatto”.

Da anni, i pedagogisti di AGPD Onlus raccolgono segnali allarmanti di un processo di marginalizzazione in corso. A volte sono chiamati a intervenire per supportare, condividere buone prassi e strumenti educativi. Le richieste provengono da insegnanti, che manifestano apertamente il peso della propria inadeguatezza e la mancanza di una formazione adeguata. In questi casi, parliamo di ambienti in cui non è ancora venuta meno l’attenzione alla persona e il desiderio di lavorare in un’ottica inclusiva.

Ma cosa accadrà domani? I punti critici sono tanti; proviamo a considerare quelli a nostro avviso più rilevanti.
Con i Decreti si stabilisce la formazione specialistica per gli insegnanti di sostegno e non per tutti i docenti. Si porranno le basi di una separazione della carriera dei docenti e si finirà per investire l’insegnante di sostegno del compito di referente unico per l’integrazione, minando il senso della contitolarità.
Non escludiamo che ad attenderci dietro l’angolo ci siano: interventi mirati in gruppi ristretti, classi separate e progetti dedicati, anticamere di scuole speciali di vecchia memoria, costruite e volute con la presunzione di perseguire il bene della persona disabile.
I nuovo Decreti affidano a una commissione medica, legale e sanitaria, la valutazione della persona con disabilità che oggi è frutto di un lavoro di analisi fatto da: terapisti della riabilitazione, operatori sociali e della famiglia (per altro quest’ultima perde di centralità, relegata a una funzione meramente accessoria, chiamata a “chiedere”, “consegnare”, “aiutare a scrivere”). C’è di più, la valutazione avviene un’unica volta, al momento dell’accesso alla scuola dell’infanzia, e non si prevedono aggiornamenti al passaggio da un ordine scolastico all’altro. Dunque un unico documento, incurante del percorso di crescita proprio di ciascun individuo, segna l’intero percorso scolastico dello studente.
Con i Decreti, il PEI, Piano Educativo Individualizzato, sebbene ancora affidato a scuola, famiglia, Asl, viene approvato dai soli docenti. Al genitore non è nemmeno richiesto di apporre la propria firma, per suggellare il patto, l’azione condivisa a favore della persona. In essoscompare l’indicazione annuale delle ore di sostegno da assegnare alla persona, attribuzione demandata al nuovo GTI, Gruppo Territoriale per l’Inclusione.
Sarà interessante capire come verranno assegnate queste ore, quali parametri oggettivi consentiranno un’equa distribuzione da parte del GTI, che nei fatti, non avrà alcuna conoscenza della persona e dei suoi bisogni specifici. Quel che è certo: il meccanismo eliminerà le possibilità di controversie e di ricorsi familiari in caso di inadempienze.

In sintesi, la portata innovativa e culturale dei Decreti è venuta meno, e il principio cardine appare la contrazione dei diritti, un’operazione di semplificazione e facilitazione non convincente.
Dopo 40   anni di storia e leggi a favore dell’integrazione, addolora ritrovarsi a considerare il senso dell’autentica inclusione e di una diversità  che ancora non appare per quel che è: un valore, un valore per tutti, in una società ugualitaria.

In conclusione: che cosa vorremmo chiedere?  Di rigettare i Decreti, integralmente.
Vorremmo un ritiro, ma, detto in solitaria e di fronte all’arroganza di chi ha rifiutato il confronto in fase di stesura, siamo consapevoli di quanto inutile possa risultare questa richiesta.
Ci limiteremo dunque ad auspicare  che i danni possano essere minimizzati, raccogliendo le voci dei tanti  che in questi giorni si stanno adoperando con la richiesta di cambiamenti e modifiche, senza tuttavia privarci della convinzione che a livello culturale il danno è stato fatto e che saranno i nostri figli a pagarne le conseguenze.

 

fonte

 

http://www.agpd.it/buona-scuola-e-disabilita-indietro-di-40-anni/

Triste dirlo ma perchè in Italia si parla tanto di inclusione e poi vogliono discriminare con leggi e leggine la disabilità?

Ecco un esempio

 

Niente colpi di mano: verrà cancellata la parte delle delega della L.107/15 sul sostegno che avrebbe negato a molti alunni disabili il diritto a conseguire il diploma di licenza media.

 

Alessandro Giuliani

Niente colpi di mano: verrà cancellata la parte delle delega della L.107/15 sul sostegno che avrebbe negato a molti alunni disabili il diritto a conseguire il diploma di licenza media.

Dopo i Partigiani della Scuola Pubblica e i movimenti anti-decreto, negli ultimi giorni, dalle pagine della Tecnica della Scuola, aveva espresso il suo disappunto anche l’avvocato Salvatore Nocera, che fa capo all’associazione Fish.

A confermare la volontà di stralciare la norma è stata la Ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli rispondendo in questo modo alle crescenti preoccupazioni espresse da famiglie, sindacati e associazioni che tutelano i disabili e le loro famiglie, per il contenuto di diversi punti del decreto legislativo sulle “norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità (Atto 378).

“Tutte le studentesse e gli studenti con disabilità – ha spiegato Fedeli – saranno messi nelle condizioni di svolgere al meglio il proprio percorso di studi e di concluderlo sostenendo prove che attestino le loro specifiche competenze e abilità, in base al Piano educativo individualizzato, predisposto di proposito per loro”, ha detto anche

Con particolare riferimento agli esami conclusivi del primo grado. “Voglio rassicurare- ha continuato il ministro – famiglie, sindacati e associazioni. Il decreto attuativo sull’inclusione scolastica nasce dalla volontà e dalla determinazione di dare alle ragazze e ai ragazzi con disabilità pari opportunità formative e una qualità della vita all’altezza delle loro esigenze e dei loro sogni. Per questo le imprecisioni o le problematiche emerse verranno migliorate in ambito parlamentare“.

“Abbiamo chiaro che la disabilità è ricchezza, non è qualcosa in meno ma una positiva diversità e la nostra azione – ha proseguito la ministra – sarà improntata su questo principio cardine”.

Nei giorni scorsi Valeria Fedeli ha incontrato diversi rappresentanti delle associazioni per ascoltare le loro istanze e gli stessi sono stati ascoltati nelle Commissioni che stanno esaminando il decreto in Parlamento e nell’Osservatorio sull’inclusione del Miur.

“Rispetto all’esame di secondaria di primo grado – aggiunge la Ministra – la stessa legge 104 del 1992 stabilisce chiaramente che le studentesse e gli studenti della scuola dell’obbligo debbano essere verificati in base agli obiettivi del Piano educativo individualizzato, affinché si possa ragionare sulle abilità specifiche sviluppate e potenziate durante gli anni di studio”.

“Continueremo su questa strada e rafforzeremo una scuola di diritti e di opportunità che metta al centro le ragazze e i ragazzi, le loro peculiarità e il loro desiderio di futuro. Vogliamo costruire per loro una scuola che li accompagni nel domani. E una società che li accolga e faccia della loro diversità un’occasione di crescita globale”, ha concluso la responsabile del Miur.

fonte

http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/salva-la-licenza-media-dei-disabili-parola-di-ministro-faranno-gli-esami-in-base-al-pei.flc